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PER CHI NON LO SA
Premessa Questa parte del sito è dedicata a chi poverino non conosce questo strumento. Spiegherò, a parole mie, da cosa è costituito lo strumento, come lo si tiene in mano, come si fa ad emettere un suono, la diteggiatura, la respirazione, come ottenere un buon legato tra note con la stessa posizione, e la taglia dello strumento. Spesso
mi è capitato di sentirmi rivolgere queste domande, non solo da persone che non
hanno niente a che fare con la tromba, ma anche da amatori che si sono da poco
avvicinati a questo strumento.
Da
cosa è costituito lo strumento La
tromba, come si è letto nella sezione dei Cenni
Storici, è uno strumento antichissimo, che solo dopo varie “evoluzioni”
è arrivato alla forma che tutti noi conosciamo. Ma da cosa è costituito? Questo
strumento è formato da un tubo d'ottone ripiegato più volte. La funzione dei
pistoni (clicca sulla foto a sinistra per conoscere come si chiamano le parti
della tromba, e quella a destra per vederla smontata),
non è quella di farti cambiare nota, ma bensì di accorciare o allungare
la lunghezza dello strumento. Il cambio nota viene effettuato dalle labbra del
trombettista, mentre il pistone aiuta questo processo. Pensiamo alla posizione in cui tutti i pistoni sono a riposo, ossia non premuti. L’aria entra nel cannello, passa nella macchina ed esce subito dalla campana. Siamo nella posizione in cui il canneggio è più corto. In questa posizione possiamo emettere più di 6 note. I pistoni quindi ci aiutano nell’intonazione nella centratura della nota, ma non è come nel pianoforte dove i tasti vanno a muovere un meccanismo meccanico da cui viene prodotto il suono.
Come
lo si tiene in mano (lo strumento) Su questo aspetto, ci sono tante filosofie.
Io ne ho adottata una che, secondo il mio punto di vista, è la migliore, non
solo per la capacità di movimento, ma anche per la "rilassatezza" della
muscolatura (si capirà sul paragrafo come
si fa ad emettere un suono cosa comporti essere rilassati). Pensiamo
di tenere in ogni mano una pallina da tennis. Quello che otteniamo sono mani
semi chiuse. A questo punto, senza cambiare la posizione della mani, con la
sinistra prendiamo la tromba dalla macchina sul lato sinistro. I polpastrelli
sono gli unici a dover toccare lo strumento. Il mignolo e l’indice (e solo
loro) avranno il compito di sorreggere lo strumento, il pollice di aiutarli,
l’anulare andrà a finire nell’anello della terza pompa e il medio sotto
l’indice per tenerla ben salda. La mano destra avrà il mignolo nella chiave,
l’anulare il medio e l’indice sui tre pistoni e il pollice sotto al cannello
per tenerne l’equilibrio. La posizione del trombettista in piedi deve essere con il busto leggermente coricato in avanti, piedi pari e leggermente divaricati in modo da scaricare il peso sui piedi. Da seduti, poniamo il sedere infondo alla sedia e la schiena a due dita dallo schienale. Tutto ciò viene fatto per aiutare lo strumentista ad essere rilassato e ad avere la possibilità di allargare al massimo la capacità toracica.
Come
si fa ad emettere un suono Sappiamo
che il pianoforte per emettere una nota ha un martelletto che batte su una corda
e, di conseguenza, questa vibra; nel sassofono l’aria che passa nell’imboccatura
fa vibrare un’ancia; nella chitarra viene percossa un corda e questa, di
conseguenza vibra. La
tromba, come tutti i labiofoni o ottoni (corno, trombone, basso tuba) non è come gran
parte delle persone pensa, uno strumento che suona soffiandoci dentro. Nei
labiofoni ciò che vibra sono le labbra. Il far passare un flusso costante
attraverso le labbra socchiuse produce una vibrazione delle stesse, che pre-amplificata
dal bocchino e successivamente amplificata dalla tromba ne produce il classico
suono. Si pensi che, un trombettista, dovrebbe riuscire a suonare senza bocchino
(clicca
qui per sentire due note)
oppure con solo il bocchino (clicca qui per sentire le stesse
due note) (N.B. sono uno studente per cui i tre suoni non sono ancora
perfetti). Premendo
i pistoni non andiamo altro che ad allungare o accorciare la lunghezza del
nostro strumento. Non è (come spesso si crede) premendo il pistone che si passa
alla nota successiva, ma è con la giusta vibrazione (e quindi con la giusta
pressione e quantità d'aria) e la giusta lunghezza dello strumento che si
determina il suono pulito ed intonato. Ecco perché quando noi cominciamo a
suonare il pianoforte dopo una settimana riusciamo più o meno a fare una scala
di Do maggiore, mentre quando ci porgiamo ad un labiofono ci impieghiamo tanto
più tempo. Io, che sono stato reputato uno dei più veloci in questa fase, dopo
una settimana di intenso studio riuscivo ad emettere 7 suoni che erano ben
lontani dai 7 suoni della scala a cui stiamo facendo riferimento. Ci sono
allievi, che anche dopo un mese, non sono in grado di emetterne 4. Con questo
cosa voglio dire: riuscire a mettere in funzione la vibrazione delle labbra non
sta solo nello studio ma dalla propria predisposizione fisica e da come si
studia. Essendo la vibrazione un risultato di un processo fisico del nostro
corpo, possiamo immedesimarci atleti. E'
impensabile che un'atleta si metta a correre se non sa camminare e respirare
correttamente. Ma è importante anche che il nostro corpo cresca gradualmente.
Quindi bisogna intervallare lo studio dello strumento a periodi di riposo che
possono dipendere da persona a persona e far crescere la nostra muscolatura
facciale un po' per volta altrimenti ci faremo solo del male. Il ruolo dell'aria
per questo scopo è molto importante e il giusto flusso con la giusta morbidezza
(o tensione) delle labbra determinano il bel suono. Si pensi ad una corda tesa
tra i due estremi: se troppo tesa non vibrerà mai. Per
emettere un flusso costante, dobbiamo far affidamento al nostro muscolo
involontario chiamato diaframma. Il diaframma, una volta incamerata aria, è in
grado di farla uscire nel modo giusto. Attenzione però: il diaframma è un
muscolo involontario, e quindi, per azionarlo, noi agiamo sui muscoli
addominali. Ma se gli addominali o qualche altro muscolo è teso nella fase di
inspirazione non saremo mai in grado di immettere aria dalla parte più bassa
dei polmoni, alla più alta come è giusto che sia. Ecco che entra quindi in
gioco lo stato d'animo: mai essere tesi. Esser tesi implica ad avere scarsa
capacità polmonare (provate a inspirare con tutti gli addominali tesi) e ad
avere la muscolatura facciale troppo tesa per l’emissione del suono (le labbra
non vibrano bene). Si ricordi che per avere un bel suono basta avere il 50% di aria e il 50% di vibrazione e teniamo presente che non è detto che debbiamo avere il bocchino posizionato al centro della bocca, ma potrebbe essere anche tutta di lato. Mio nonno suonava tutto spostato a sinistra, proprio sull’angolo della bocca, poiché lì aveva trovato la sua vibrazione, suonando piuttosto bene (durante la Seconda Guerra Mondiale diede l’attenti per ben due volte a Mussolini e per una volta al Re d’Italia). Per riuscire ad avere il massimo autocontrollo della rilassatezza io consiglio lo Yoga, mentre per avere il massimo controllo della simbiosi strumentista-strumento consiglio lo Zen. Sono due filosofie orientali che a me hanno dato tantissimo beneficio. Nella sezione Libri e metodi si potrà trovare libri Zen, Yoga e sulla respirazione che io stesso ho letto e che trovo particolarmente interessanti. Vi ricordo, che per riuscire nella mia ricerca del suono, non ho fatto altro che cantare, cantare e cantare. Infatti, solo continuando a cantare, cercando di ottenere il più bel canto possibile, si è in grado di capire fino in fondo e in modo assolutamente naturale tutto ciò che riguarda l'aria, il flusso e il suono. Per capire se il canto che stiamo emettendo è un canto già ricco di armonici, non dobbiamo far altro che portare la lingua sotto al palato e cantare cercando di far uscire tutta l'aria per il naso. Lo possiamo confermare, verificando che, tappandoci il naso, l'aria non esce più. Quando il canto, chiamiamolo "di naso", sarà caldo e armonico, il canto "di gola" sarà una meraviglia.
La
diteggiatura dello strumento è un argomento molto vasto che tratterò solo in
parte. Si pensi che per emettere la stessa nota si possono impiegare più
combinazioni dei pistoni. Illustrerò le combinazioni che ci permetteranno di ottenere le note più pulite
ed intonate possibili. Con il numero 1 intendo il pistone più vicino alla
bocca, e con il 3 il pistone più lontano Parto
dalle note sotto il pentagramma con la chiave di violino, per spostarmi via via
sull’acuto
FA#
1-2-3 SOL
1-3 SOL#
2-3 LA 1-2 o 3 anche se lievemente calante SIb
1 SI
2 DO
nessun pistone DO#
1-2-3 con le due pompe fuori per tenere l’intonazione RE
1-3 con la pompa del 3 fuori per tenere l’intonazione MIb
2-3 MI
1-2 o 3 anche se lievemente calante FA
1 FA#
2 SOL
nessun pistone SOL#
2-3 LA
1-2 o 3 anche se lievemente calante SIb
1 SI
2 DO
nessun pistone DO# 1-2 o 3 anche se lievemente calante RE
1 MIb
2 MI
nessun
pistone FA
1 FA#
2 SOL
nessun pistone SOL#
2-3 LA 1-2 o 3 anche se lievemente calante SIb
1 SI
2 DO nessun pistone Ecco un'e-mail molto interessante arrivatami il 07 05 2005 da Pietro Meucci e inerente alla diteggiatura. Complimenti Pietro. Caro Luca, ho scoperto ed apprezzato moltissimo il tuo sito www.latromba.it anche se sono soltanto un "umile sassofonista". Subito dopo averlo indicato agli amici trombettisti perché ne avevo "intuito" la bellezza potenziale, mi sono messo anch'io a leggerlo con una certa attenzione; e devo dire che per me è stato veramente illuminante. Devi sapere che mi ero sempre chiesto il mistero della vostra diteggiatura ma, per pigrizia, non ero mai andato a fondo alla cosa. Probabilmente (anzi, sicuramente) per te è tutto chiaro da tempo, ma per me la spiegazione è stata una affascinante rivelazione, soprattutto considerando che si fonda sui più semplici elementi di fisica acustica . Al fine di verificare se ho tutto ben compreso, ti riporto la mia interpretazione che tu, gentilmente, vorrai confermare o correggere se necessario.Dunque:
A) I pistoni quando premuti, allungando il percorso del "tubo tromba", ne abbassano la frequenza di risonanza secondo il seguente schema: Pistone 1: scende un tono; Pistone 2: scende mezzo tono; Pistone 3: scende un tono e mezzo. Da questo derivano le somme algebriche Pistoni 2 e 3: scende 2 toni; Pistoni 1 e 3: scende 2 toni e mezzo; Pistoni 1,2 e 3: scende 3 toni.
B) Il tubo tromba (pistoni alzati) come sappiamo dall'equazione d'onda del tubo aperto, risuona sulla fondamentale F e gli armonici N x F cosicché, tradotto in note:
F = Do (non accessibile) 2F = Do sotto i righi 3F = Sol secondo rigo (5^ della 8') 4F = Do terzo spazio (8'') 5F = Mi quarto spazio (3^ della 8'') 6F = Sol sopra i righi (5^ della 8'') 7F = non utilizzato 8F = Do sopra i righi (8''')
C) Ecco finalmente la giustificazione della diteggiatura: - partendo dalle note "caposaldo" (armonici -in neretto-) si tratta di scendere semitono per semitono utilizzando le proprietà dei pistoni dette al punto A), dunque con la seguente progressione (a scendere): Pistone 2; Pistone 1; Pistoni 1+2; Pistoni 2+3; Pistoni 1+3; Pistoni 1+2+3 Questa è la sequenza completa che rende ragione delle posizioni nell' intervallo Do sotto i righi / Fa diesis sotto i righi, come pure nell'intervallo Sol secondo rigo / Do diesis sotto i righi. La identica sequenza, utilizzata a partire dalle altre note caposaldo , non essendo necessaria per intero , si riduce a sottosequenze ma sempre della identica progressione.
Tutto questo discorsetto forse risulterebbe più chiaro se letto con riferimento ad un pentagramma con le varie note, posizioni etc. Purtroppo non ho uno scanner e non so come altrimenti fartelo avere; ma non avrai certo problemi (proprio tu !) ad imbastirlo da solo. Gradirei il tuo (autorevole) parere a riguardo e, nel rinnovarti i miei vivi complimenti, ti invio un cordialissimo saluto. Pietro Meucci - Pisa. (Tenor-sax) Ecco il seguito, arrivatomi nella seconda e-mail, dopo che gli chiesi se potevo inserire il tutto sul sito Caro Luca, mi fa molto piacere vedere che condividi la mia analisi sulla vostra diteggiatura; se addiritura mi chiedi di poterla inserire sul tuo sito, questo mi riempie veramente di (immeritato) orgoglio! Certo che puoi farlo !!! E ti ringrazio. Con l'occasione aggiungo un'altra osservazione (piccola, ma per me che sto scoprendo solo adesso queste cose ancora affascinante): il tono e mezzo prodotto dall'abbassamento congiunto dei pistoni 1+2 lo si può ottenere (già pronto) dall'abbassamento del solo pistone 3 ; ed infatti anche tu lo specifichi alle note La sotto i righi, Mi primo rigo, La secondo spazio, Do diesis terzo spazio, La sopra i righi. L'osservazione: "anche se leggermente calante" credo che dipenda dalla impossibilità meccanico-costruttiva di realizzare "percorsi sonori" di lunghezza perfettamente equivalente. Ma qui mi fermo davvero perché non vorrei che, inorgoglito dalla tua approvazione del precedente, mi precipiti, ubriaco di vanità, in un baratro senza fine!!! Ciao, Luca. Complimenti ancora e.... viva la musica e (tutti) gli strumenti (sax compresi). Pietro Meucci - Pisa.
La
respirazione, come detto in precedenza, è fondamentale per il trombettista. Per
sapere se respiriamo bene, proviamo a distenderci su una tavola, e cercare di
dividere la respirazione in tre fasi. Nella prima cercheremo di riempire tutta
la parte bassa dei polmoni e dovremmo sentire che la parte posteriore dei
polmoni si avvicina alla tavola. Nella seconda riempiremo la parte bassa e
media, sempre cercando di dilatare il più possibile i polmoni. Ricordo, che per
riuscire bene nell’esercizio non bisogna assolutamente irrigidire i muscoli ed
aver fretta. Tengo a precisare, poi, che la fase di inspirazione ed espirazione
non deve essere ritmata ma bensì il più libera e sciolta possibile. L’ultima
fase, è quella che porta a riempire completamente i polmoni senza alzare le
spalle. Successivamente ci alziamo lentamente dal tavolo (attenzione potrebbe
girarci la testa), e continuando a respirare lentamente e profondamente, nel
momento più opportuno accostiamo la tromba alla bocca ed emettiamo la prima
nota che capita. Quella nota sarà la più morbida, e la più piena che non
abbiate mai fatto. Ricordo che, dalla fase di inspirazione a quella di emissione
della nota, non ci deve essere, neanche un milli-secondo di “spazio”, poiché,
se dovesse succedere, in quel tempo si creano delle micro-tensioni che ci
portano ad un brutto suono. La respirazione, quindi, deve essere la più ampia
possibile, per far si che il nostro diaframma abbia la possibilità di
funzionare. Ma come facciamo a regolarci sulla pressione dell’aria? La giusta pressione arriverà con lo studio di ogni singolo giorno, ricordando la ricerca del bel suono. Se infatti andiamo ad irrigidire troppo la muscolatura addominale e quindi a spingere a dismisura il diaframma, il suono risultante sarà un suono brutto e secco. L’importante è ricordare che quando noi spingeremo l’aria verso il basso, andremo in acuto, e viceversa. Dobbiamo pensare di avere la nota nello stomaco e non sulle labbra. Per sapere se stiamo usando correttamente il diaframma, basta provare a fare, legate senza interrompere il flusso dell’aria, il DO sotto al pentagramma e il SOL sul secondo rigo e poi ritornare al DO. Mentre passiamo al SOL proviamo a chinarci sulle ginocchia. Il SOL uscirà da solo poiché involontariamente abbiamo messo in funzione il muscolo diaframmatico (vedi disegno). Facendolo un paio di volte, si potrà capire bene come funzioni questo muscolo in base alle pressione dei vicini. Il
flusso deve essere il più costante possibile e la ricerca del bel suono deve
essere fatta, inizialmente, su un suono il più disteso possibile.
Successivamente, all’acquisto di questo suono, si potrà passare alla sua
modulazione, sempre che ne sia richiesta. Per bel suono, ricordo, che intendo un suono che abbia attacco, sostegno e chiusura uguale a tutti i suoni emessi, con una lunga proiezione, di colore scuro, caldo e pastoso.
Come ottenere un buon legato tra note con la stessa posizione Per poter ottenere un buon legato tra note della stessa posizione, la ricetta è fare molta flessibilità. Fare flessibilità significa cambiare nota senza cambiare la posizione dei pistoni, mantenendo continuo il flusso dell'aria e senza avere gradini tra nota e nota. Si potrebbe ripetere l'esercizio presedente DO-SOL-DO, poi SI-FA#--SI e via di seguito, per tutte le posizioni. L'importante è non farlo mai da "freddo", poiché quando siamo freddi, per fare il cambio nota dobbiamo impiegare anche la muscolatura, e non solo il cambio della velocità dell'aria come deve essere. Per averne un miglior beneficio, eseguirlo lentamente, senza avere fretta di ottener subito un risultato; questo si avrà solo dopo mesi di continuo studio. Ricordo un buon metodo grafico che ho appreso dal mio grande Maestro Braghiroli per far in modo che tra ogni nota non ci sia gradino: ad ogni nota facciamo corrispondere una posizione di un cerchio e, mentre stiamo suonando, disegniamo questo cerchio con la campana. Un cerchio non ha gradini, e quindi non ci dovranno essere gradini tra le note, ma tutta una frase che sembra non avere né inizio, né fine.
Quanti tipi di trombe esistono? Questa è una domanda che spesso mi viene fatta nel momento in cui si parla di tromba. Diciamo che, senza scendere nei particolari, le trombe moderne si distinguono sopratutto nella taglia, ossia nella tonalità cui fanno riferimento. Quando noi pensiamo alla tromba, senza saperlo la associamo alla tromba detta di Sib. Ma esistono trombe in Do, Re, Mib, Fa., Sol e La. A cosa servono tutte queste trombe. Ogni tromba possiede un timbro e un colore diverso ma non vuol assolutamente dire che se faccio un DO con la Sib ho la stessa pressione e difficoltà di emettere con il Do nella LA acuto (o trombino). Ogni tromba necessita di una quantità e pressione d’aria diversa per ogni nota. E non si pensi che suonare un pezzo scritto per la tromba in DO dia lo stesso effetto dello stesso pezzo suonato un tono sopra con la Sib. Un pezzo viene scritto per una determinata tromba solo per il colore del suono che questa produce. Nella sezione Galleria Multimediale potrete trovare più tipi di trombe con il rispettivo suono.
Questa pagina è stata modificata per l'ultima volta il 12 11 2003
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